Notre-Dame: pensieri sullo sgomento popolare.

A cura di Zar@

L’incendio alla cattedrale di Notre Dame di Parigi è stato seguito con attenzione e commozione da tutto il mondo, cristiano e no.

Preghiere, lacrime, sgomento e donazioni a pioggia per la ricostruzione. Tanta attenzione e amore per l’arte e la spiritualità farebbero ben sperare, in un’epoca apparentemente superficiale e disinteressata a tutto ciò che non sia apparire frivolo, vuoto scintillante, banalità. Farebbe ben sperare se non si imponesse una riflessione più approfondita.

Intanto sul reale valore artistico, culturale e simbolico di ciò che è andato perduto. Quanti sono in grado di stimarlo tra coloro che postano le foto della cattedrale in fiamme? Eppure ci si improvvisa esperti d’arte, come del resto di qualsiasi altra cosa. Potere dei social.

Poi su come, nel 2019, l’incendio scoppiato in un edificio religioso possa ancora essere interpretato come presagio, nonostante l’illuminismo e per giunta nella sua patria.

Infine su quanta attenzione meritino la fame e la sete nel mondo, le guerre, i flussi migratori e le troppe ingiustizie nostrane e altri, su quante donazioni attirino.

Soprattutto, su quanto sia cristiano tutto questo pregare e spendersi per una guglia mentre si ignorano l’umana ingiustizia e la sofferenza del fratello. Il prossimo. Il meno prossimo.

Insomma sebbene qualcosa bruci, non è d’amore. Men che mai d’amore Cristiano.

“È esistito un unico cristiano ed è morto sulla croce”, diceva Nietzsche.

Forza, diamogli torto.

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