A cura di Zar@
Sono cambiati i tempi e con essi i bisogni. I bisogni indotti hanno soppiantato quelli vitali e sono diventati prioritari per gran parte delle persone. Il controllo sociale è radicato nei nuovi bisogni che esso stesso ha prodotto, tra cui il bisogno di velocità. Di stimoli rapidi che si estinguono altrettanto rapidamente e che rendono perennemente insoddisfatti, alienati, schiavi. Imprigionati in un meccanismo di consumo che diventa una droga, con il bisogno di dosi continue e sempre più elevate per provare sensazioni sempre più intense. Come ricordava Bauman: se tutti corrono insieme in una direzione bisogna porsi due domande: dove vanno e da cosa scappano. Per lo più da se stessi e dal fallimento dei fallimenti, vale dire la mancata costruzione di una identità propria e solida. Le identità di cui riempiono i carrelli della spesa, reali e virtuali, sono temporanee ed eterodirette, liquide, “con la data di scadenza scritta nell’etichetta”.
La manipolazione dei bisogni da parte di interessi costituiti ha raggiunto livelli tali da agire anche su quelli istintivi con la sicurezza con la quale storicamente ha sempre avuto presa su quelli sociali e secondari. E così desideriamo gli stessi corpi e le stesse anime e ci sforziamo di assomigliarci, tutti, in una paurosa e modaiola omologazione degli stili di comportamento. Ci immaginiamo influencer e questi sono i nostri nuovi (più o meno consapevoli) carcerieri. Pensiamo per sentito dire e ciò che è nuovo ci sembra sempre migliore del vecchio: la quintessenza del consumismo.
Non che si debba necessariamente restare aggrappati a un passato di valori nei quali non ci si riconosce più. Sarebbe saggio, tuttavia, provare ad immaginare un futuro, anziché vivere un eterno presente di istanti desostanziati. Che parliamo di ambiente, di libri, di musica o di politica, il nostro dire è il dire di qualcun altro. La nostra una libertà condizionata come non mai e del tutto illusoria. Di distrazioni e di auto ed etero distruzione di ogni possibilità di erigere una coscienza critica collettiva.
Soluzione? Una sana consapevolezza e disobbedienza. A se stessi e a questo ordine sempre più pericolosamente interiore.
