La pioggia fa sul serio. Proprio così. Il romanzo giallo del grande cantautore Francesco Guccini, ormai votato alla letteratura, sua vera passione a quanto ripete spesso, scritto con il bravissimo Loriano Macchiavelli, il creatore del celebre poliziotto Sarti Antonio, si ambienta nel profondo Appennino, eroso anch’esso, complice l’incuria e il clima pazzo, da una pioggia battente che non vuol saperne di fermarsi.
La storia è quella di un geologo forestiero che sembra impegnato nello studio del territorio, scomparso misteriosamente e subito dopo ritrovato morto sotto una frana. La guardia forestale Marco Gherardini, soprannominato Poiana, deve dunque indagare insieme alla polizia sull’omicidio appartamente inspiegabile, destreggiandosi tra le sue vicende personali, che lo legano a Betty, la figlia di un architetto inglese che frequentava il geologo, e quelle dei personaggi del borgo di Casedisopra.
Pittoreschi quanto genuini, gli abitanti del paesello sull’Appennino emiliano, danno colore a una storia che coinvolge per la trama non scontata e per la capacità degli autori di renderti partecipe, quasi uno della famiglia allargata di Casedisopra, assaporando cibi, vini e storie, come si può solo lontano dall’omologazione spersonalizzante delle grandi città.
Guccini e Macchiavelli hanno una scrittura piacevole e raccontano un mondo, al di là dell’intrigo poliziesco. Da leggere.
Lo spazio musicale di Eikasia oggi vi propone la recensione dell’ultimo lavoro del pianista Mirko Signorile: Infinita Maris. Buona lettura e buon ascolto! Zar@
DiPasqualina Traccis
Il sound check è un anticipo di emozione, un rito di passaggio, dalle aspettative alla concretezza delle prime note e voci. Un modo per misurare ciò che sarà, ingannando la lentezza del tempo dell’attesa.
Il pianista Mirko Signorile arriva per primo sul palco, tra gli operai del service che lavorano in vista della tappa lanuseina del tour Euphonia Suite, di Eugenio Finardi. Quest’ ultimo lo raggiunge un po’ più tardi, insieme al sassofonista Raffaele Casarano. In occasione del festival Rocce Rosse Blues, il cantautore milanese presenta il suo ultimo album, che rivisita e correla in un crescendo spirituale vari brani della sua carriera e alcuni pezzi blues.
La finestra sul piazzale del concerto, mi permette di godere la brezza insolitamente fresca di questo 10 agosto ogliastrino e porta in camera la frenesia dei preparativi. Quando le voci degli operai si acquietano, sento levarsi sublimi le note di un pianoforte. Mi muovo verso la finestra, con la curiosità di chi cerca con gli occhi una conferma di ciò che già vede distintamente col cuore. La sapienza delle mani, la concentrazione e la passione di un pianista a me sconosciuto, che prende confidenza con lo strumento. Mi perdo nelle sue note, pregustando il seguito, mentre l’artista è già un tutt’uno con il pianoforte.
Euphonia non tradisce le aspettative. La suite interpreta in chiave dialettica momenti diversi del percorso musicale di Eugenio Finardi, eseguiti in chiave blues e jazz, con trasporto onirico e volontà di darsi al pubblico per ricevere qualcosa in cambio. Non l’applauso ritualistico, ma la sincerità delle mani che sfuggono al controllo, seguendo i tempi dell’anima anziché quelli dettati dalla successione dei brani. La voce graffiante e l’esecuzione delicata di Finardi, il sassofono ispirato di Casarano e il rapimento di Signorile al piano, ne fanno una co-costruzione di significati ed emozioni, che si traduce in un senso di stupore collettivo.Una sintesi di percorsi cerebrali e cardiaci, in cui ognuno può perdersi, per ritrovarsi, insieme agli altri, in una destinazione comune, catartica.
Il pianista è uno spettacolo nello spettacolo, che lo riassume per intero, esaltandolo. Sento il bisogno di approfondire. Dopo un’esplorazione in rete, approdo all’ultimo lavoro di Mirko Signorile: Infinita Maris.
Il titolo scelto dal pianista pugliese è già una provocazione. Nel senso che chiama a qualcosa, ad un disvelamento, nella discordanza dei termini mare e infinito, quest’ultimo volutamente declinato al femminile.Del resto l’infinità del mare è già di per sé una provocazione e un enigma: il limite che apre all’illimite.Il mare è qualcosa da viaggiare, che porta lontano, verso nuovi orizzonti e sfide. Al tempo stesso è qualcosa che riporta: a riva, a casa, a sé stessi. Uno stimolo a oltrepassarsi e il bisogno di fermarsi a contemplare la ciclicità della vita, nell’eterno ritorno delle onde. Il video, sublime al pari dell’audio, mostra un artista, un uomo, di fronte al mare, all’alba di un nuovo giorno. Il bisogno di senso che sfugge alle parole e si sottrae al silenzio, per farsi musica. Una musica poetica, fisica e metafisica al tempo stesso, la melodia di un eterno che si replica nell’istante. Il suono del piano insiste, dialoga con la natura intorno, scavando nell’animo, per dissotterrare emozioni contrastanti, di calma e vitalità, come è nell’essenza del mare e dell’armonia musicale.
La composizione risuona dei colori del cielo e delle profondità del mare, del sacro che è in ogni alito di terra, della speranza che è in ogni nuova alba.
Regalarsi un momento di grazia è il minimo che si possa fare, per sottrarsi all’inconsistenza rumorosa dei tempi. Infinita Maris è una promessa di riconciliazione, mantenuta.
Infinita Maris è sulle principali piattaforme musicali
Il libro appartiene alla collana “I filosofi”, pubblicata da Laterza, che dedica ogni volume ad un ampio capitolo della storia della filosofia, concentrandosi su un autore o su una corrente di pensiero.
Il volume su Nietzsche non poteva che essere curato da Gianni Vattimo, grande filosofo e cultore del controverso e affascinante pensatore tedesco che rappresenta, nella definizione di Emanuele Severino, una delle “voci dal sottosuolo” che hanno improntato l’Occidente, imprimendogli una svolta culturale di cui la nostra epoca è figlia.
Il libro introduce alla filosofia Nietzsche, dalle primissime opere filosofico-filologiche al Prospettivismo dell’ultimo periodo della sua produzione, chiarendo concetti e passaggi chiave di un pensiero programmaticamente asistematico e multi sfaccettato, nella forma come nei contenuti, pur non mancando di una struttura metafisica di fondo, come sottolinea Vattimo.
Quest’ultimo chiarisce anche l’opportunità di tradurre il termine chiave nietszchiano di Übermensch con l’espressione “oltreuomo” piuttosto che con la più nota espressione “superuomo”.
Il libro consta di 113 pagine, dense e inevitabilmente complesse, considerato il filosofo di riferimento, ma si legge con grande interesse e piacere se si ha una infarinatura del pensiero di Nietzsche e si posseggono buone basi filosofiche.
Si tratta di una lettura che introduce alla lettura delle opere di Nietzsche o che può accompagnarla in modo illuminante, offrendo notevoli spunti di riflessione sul presente, in particolare sul tema del nichilismo. Consigliatissimo!
Occorre una buona dose di coraggio o di sfrontatezza per parlare tiepidamente di un romanzo del grande Saramago, scrittore geniale, oltre che Premio Nobel per la letteratura.
In questo caso, sarà forse per le aspettative troppo alte, data la mia formazione filosofica e il riferimento a Platone dell’intera opera, evidente fin dal titolo, devo dire che il romanzo non mi ha esaltato come gli altri, nel senso che, molto banalmente, mi aspettavo di più. A tratti l’ho trovato un po’ pesante, troppo analitico nell’illustrare il lavoro di vasaio. Aggiungo subito però che vale decisamente la pena leggerlo, nonostante questa sensazione di sottofondo.
L’idea di interpretare la vita del vasaio, protagonista dell’opera con la sua famiglia e, al tempo stesso, l’intera contemporaneità, attraverso il sempiterno mito della caverna, è molto buona e la scrittura come sempre originale. Il libro, inoltre, offre spunti interessanti di riflessione sulla realtà attuale.
La caverna di Saramago ripercorre il cambiamento di vita, che si impone al vasaio Cipriano Algor, nel momento in cui il misterioso Centro, che rappresenta il fulcro commerciale della zona, decide di interrompere il rapporto con la sua fornace, in quanto le stoviglie in ceramica non si vendono più, susclassate da quelle in plastica, mentre le statuine, proposte dalla figlia Marta come alternativa, non risultano gradite al consumatore moderno.
Nel frattempo, il genero di Cipriano, assunto come guardiano residente del Centro, vi si trasferisce con la moglie, accogliendo in casa anche il suocero, rimasto senza lavoro e dunque impossibilitato a sposarsi con la vicina, che ne ricambia l’amore.
Inizia così, la nuova vita della famiglia Algor all’interno del Centro, una sorta di città nella città, racchiusa tra mura spesse e finestre che non si possono aprire per non disperdere l’aria condizionata, che esprime la in modo molto efficace la modernità.
Quella degli abitanti del Centro è un’esistenza asettica e inautentica, condotta all’interno di una gabbia dorata. Il Centro è una sorta di mondo parallelo che riproduce, imitandoli, gli ambienti e i paesaggi del mondo esterno, ricostruito in modo da dare a tutti uno scopo commerciale, di consumo. Un mondo che è copia del mondo esterno, ma che presenta i tratti distintivi del modello, nella sua perfezione artificiale.
Dentro, infatti, si vive un’esistenza agiata, comoda e consumistica, fatta di desideri indotti dalle tecniche pubblicitarie, governati dal marketing, che diventa esercizio di potere. Il mondo in cui si barattano la libertà e l’autenticità per la sicurezza e il benessere, mentre l’essere si identifica con il consumare. Soddisfazione dei desideri e sicurezza hanno come contraltare non solo controllo, ma anche la repressione della curiosità, dell’istinto di esplorazione connaturato all’uomo e della stessa volontà di verità, da ricercare andando oltre le apparenze.
Nessuno degli Algor è convinto della scelta fatta, ma la svolta decisiva arriverà soltanto con l’inquietante scoperta, nel sotterraneo del Centro, di un mistero, nel quale rispecchiarsi, per ritrovarsi nella propria umanità. Il finale è un invito ad uscire dalla caverna nella quale la modernità ci ha rinchiuso, a riveder le stelle e il sole che illumina ogni speranza.
I gialli di Agatha Christie sono una garanzia di ore liete, trascorse in letture senza impegno, ma appassionanti.
La sagra del delitto ha come protagonista il grande Hercule Poirot e come coprotagonista o spalla la vulcanica scrittrice di gialli Adriane Oliver.
Sarà quest’ultima ad invitarlo a Nasse House, villa di campagna di proprietà del signorotto George Stubbs e della sua giovane e un po’ frivola moglie, dove la scrittrice ha organizzato, per animare la sagra paesana, una insolita caccia all’assassino. La signora Oliver sospetta che il gioco possa sfuggire di mano e vuole che sia Poirot a vigilare.
Ad andare in scena sarà una vera e propria sagra del delitto, come recita il titolo del libro. L’epilogo, nonostante gli indizi sapientemente disseminati (e nascosti) dalla Christie per tutto il romanzo, è sorprendente e del tutto inatteso.
Le pagine scorrono gradevolmente e ci si appassiona alla storia ricca di suspense creata dall’autrice di gialli più famosa di sempre.
Riprendiamo con la nostra rubrica sui racconti a puntate, con un nuovo racconto in progress. Ecco la prima puntata, buona lettura!
Andava spedito, tra foglie secche e odori di zuppe invernali, pallido in volto, come chi ha aspettato fino all’ultimo un motivo per desistere dal suo proposito, senza trovarlo. Aveva 48 anni, il cuore in tasca e una manciata di rancori. Nessuna aspettativa.
Saliva il colle di Sant’Onorio, verso il luogo stabilito per l’appuntamento. Perché le aveva permesso di incontrarlo ancora, se non c’era alcuna possibilità di ricominciare da capo? Voleva tormentarlo, con le sue labbra insolenti e lo sguardo torvo, sicura di sé, come una matrona d’altri tempi e luoghi. Voleva umiliarlo, leggendogli in faccia un amore disperato, ma ancora vivo.
Anna aveva 46 anni e un corpo giovane, asciutto e sensuale che gliene faceva dimostrare non più di 41-42. I ricci color miele le disegnavano il viso di boccoli, avviluppandone il profilo di bambina. Se solo gli avesse concesso un’opportunità, sarebbe filato tutto liscio. Non beveva ormai da 34 giorni e aveva ripreso da 2 il suo posto in cantiere, presto era presto per avanzare previsioni e azzardare bilanci, ma dentro si sentiva pulito come non mai e questo gli bastava. Ogni tanto sentiva ancora il profumo del rum, inebriante e caldo, familiare. Sputava in terra, a quel pensiero, bestemmiando tra sé e sé. Mancavano ancora 20 minuti all’appuntamento con il destino, in una fredda domenica di inverno.
Lucernario è il romanzo d’esordio di un José Saramago che non è ancora José Saramago, il premio Nobel dalla scrittura originale, fin dalla punteggiatura, dalla narrazione coinvolgente e acuta, profonda nello scavo psicologico dei personaggi e nelle storie, tra il filosofico e il surreale.
Il piglio ironico e pungente è appena percepibile.
Il libro racconta sei storie di altrettante famiglie, che si dipanano nelle stanze di un condominio di Lisbona.
Storie di donne, frustrate e tradite, che inaspettatamente scoprono i piaceri dell’eros con l’uomo che più disprezzano al mondo: il proprio marito. Donne felicemente ingrassate che invecchiano accanto a una persona dal passato equivoco, donne sensuali, che fanno uso del proprio corpo per garantirsi una vita agiata o che assecondano il capriccio del principale per sottrarsi alla povertà di una famiglia per bene.
Saramago racconta, inoltre, di uomini tormentati, deboli, incapaci di gestire una libertà a lungo desiderata o vendicativi. Di un giovane libertario che cerca la sua strada.
Narra efficacemente di madri, zie e nipoti che vivono una vita spenta, ravvivata istantaneamente da un brano di musica classica alla radio, accesa all’improvviso da un’inaspettata morbosità.
Nel romanzo c’è la difficoltà del vivere in ristrettezze economiche, lo slancio utopico e il dramma tutto umano dell’incomunicabilità.
C’è un talento evidente più che latente, che di lì a poco sarebbe esploso. Coinvolge.
La voce della musica è la nuovissima trasmissione dedicata alla musica d’autore e indipendente, curata da Oliviero Malaspina su RAGGIOCELESTE CHANNEL, visibile attraverso le piattaforme Rumble e YouTube.
Un luogo abitato dalla musica d’autore e dai suoi testimoni, gli artisti che hanno contribuito a renderla grande e che insieme a tanti giovani promettenti permettono a questo genere, vivo e pulsante, di evolversi verso nuovi orizzonti creativi.
Diciamolo: uno spazio di cui c’era bisogno.
Le produzioni musicali e gli interpreti che popolano (o saturano) TV, radio e Web, infatti, hanno progressivamente oscurato e confinato, nelle riserve indiane della comunicazione, questo genere che in passato è stato tra i più apprezzati, legato a nomi che hanno fatto la storia della musica italiana, come Francesco Guccini, Ivano Fossati, Franco Battiato, Roberto Vecchioni, Francesco De Gregori e Fabrizio De Andrè.
Quest’ultimo aveva scelto proprioOliviero Malaspina come suo ultimo coautore per i Notturni, l’opera incompiuta rimasta inedita per la morte dell’artista genovese.
Il cantautore, poeta e scrittore pavese ha all’attivo 5 album, un singolo di recente pubblicazione e lavora al suo prossimo album, in uscita tra pochi mesi, vantando inoltre svariate collaborazioni come autore, oltre che riconoscimenti importanti per la canzone d’autore, come il premio Musicultura, vinto per ben tre volte.
Il fatto che a curare e condurre la trasmissione non sia un Deejay o un divulgatore, ma un cantautore, ne fa un salotto musicale genuinamente autentico, un circolo culturale onesto, appassionato e ricco di novità pregevoli.
Non si tratta solo di avere uno spazio per fare conoscere la propria musica – spiega Malaspina – sfidando la censura del mercato, ma di dare voce alla canzone d’autore nelle sue espressioni più alte e originali.Si tratta di un atto dovuto, per un genere che ha ancora tanto da offrire, a vantaggio del pubblico che ama questa musica e che fatica a reperirla in un mercato ipertrofico, sempre di più appannaggio di chi dispone di capitali cospicui.Esistono ancora cantautori di razza, artisti di smisurato talento – aggiunge il cantautore premio UNESCO per musica e poesia – contribuire alla loro emersione è un dovere sociale oltre che un piacere. L’arte rappresenta il meglio che possiamo offrire al mondo.
La trasmissione, della durata di mezz’ora, propone interviste, con ascolto di brani, che stimolano il confronto sulle storie narrate dagli artisti coinvolti. Storie musicali e di vita che ci offrono un linguaggio efficace e portentoso per articolare le nostre storie e vite, come è nella natura della canzone d’autore.