Spazio filosofico: riflessioni sull’IA

Redazione

La definiscono intelligenza aumentata o artificiale, a seconda degli usi e degli sviluppi. Ne descrivono le potenzialità e le chiamano progresso, con un entusiasmo a metà strada tra l’ingenuo e l’interessato. È l’argomento del momento.

I tg mostrano robot con le sembianze di umani o animali e spiegano che in un tempo non lontano saranno molto utili nei reparti pediatrici, dove interagiranno con i bambini, agevolando la raccolta di dati clinici e psicologici, mentre allevieranno, complici le sembianze giocose, il disagio dell’ospedalizzazione. Ne parlano come se tutto questo fosse non solo auspicabile, ma la migliore delle soluzioni possibili, celebrando le nuove magnifiche sorti e progressive. L’intelligenza artificiale – dicono – cambierà il mondo e cancellerà vecchi mestieri e professioni. Panta rei. Che problema c’è?

Nelle relazioni basate sulla cura, gli esseri umani sono insuperabili. L’intelligenza emotiva e l’empatia, il calore che nasce dall’essere di carne e di sangue, millenni di evoluzione umana e di umanesimo non possono essere surclassati da qualche algoritmo statistico. Bambini o anziani affidati a macchine, non possono essere la migliore delle soluzioni possibili. Sono la materializzazione del nostro utilitarismo e dell’indifferenza verso il prossimo, da scaricare a un automa che se ne deve sobbarcare l’onere.

La progressiva informatizzazione della società, che eleva gli ingegneri a nuove divinità, onnipotenti e provvidenti, ha il volto della disumanizzazione, se persino l’aspetto  psicologico ed emotivo delle relazioni interpersonali viene affidato ad una macchina.

Volete calore? Aggiungiamo una resistenza. Un abbraccio? Si può fare. Sono le tipiche risposte degli ingegneri. La verità scomoda è che chi non ha dimestichezza con l’animo umano dovrebbe tenersi alla larga dalla dimensione più profondamente umana delle cose.

La vera intelligenza, quella umana, è imperfetta. Ha una base emozionale e se ne fa condizionare, essendo frutto di una lotta per l’equilibrio tra ragione e istinti. La dimensione logico-matematica e linguistica sono solo alcune delle facce dell’intelligenza e la complessità delle loro interrelazioni non è replicabile. 

Abbiamo impiegato secoli a convincere i medici dell’importanza dell’aspetto psicologico e umano del rapporto terapeutico con il paziente e adesso puntiamo a sostituirli con i robot!

Gli educatori e il personale sanitario tutto, che ha nella radice della parola, vale a dire nell’essere composto da persone, il suo punto di forza, sono perfettamente adatti al compito che sono chiamati a svolgere. Un compito da umani che operano con umani. 

Il risparmio e la facilità con cui si possono programmare le macchine esercitano un certo fascino su chi ambisce al controllo, ma gli scenari potenziali vanno ben oltre la fantascienza, nei loro risvolti peggiori. La cautela è d’obbligo per una creatura intelligente, anzi razionale.

Nessuno disconosce il valore, in termini di utilità, della Techne, ma come di fronte ad un novello Prometeo, il dono del fuoco, elemento potentissimo, che forgia ma può anche distruggere, deve essere accompagnato dal senso etico.

Urge più che mai la Critica. Il suo esercizio libero e incondizionato, indomito, appassionato, umano. Questa società ha bisogno di filosofia, si capisce dal fatto che pensa di poterne fare a meno. Ha bisogno delle riflessioni di Emanuele Severino sull’inversione mezzo-fine e sulla Tecno-Scienza come ultimo dio. Se la tecnica diventa fine e l’uomo si riduce a semplice mezzo, dove è il progresso

La sfida quotidiana del limite da sempre offre possibilità creative (persino artistiche) grandiose, ma è anche ciò che fin’ora ci ha impedito di estinguerci, tenendoci al riparo da una volontà di potenza connaturata all’uomo al pari della creatività.

Bisogna ritrovare il senso e il valore del limite e farne tesoro, non avere timore di dichiarare l’umanità dell’uomo come dimora inviolabile del sacro. Lo sviluppo sia progresso oppure non sia.

Il correre non garantisce l’arrivo alla meta sani e salvi. A volte bisogna avere il coraggio di rallentare, per ritrovare il tempo della riflessione, del dialogo, dell’esame delle possibilità, dell’amore di sé e dell’umanità.

Omaggio al maestro Nivola

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