Il grande Gatsby, di F. S. Fitzgerald: recensione

A cura di Mauro Arca

Certo, stiamo parlando di un romanzo pubblicato da Francis Scott Fitzgerald per la prima volta il 10 aprile 1925, negli USA, ma personaggi e temi sono senza tempo e dunque anche dell’oggi. In altre parole ci esprimiamo su un classico della letteratura, uno di quei libri da leggere perché hanno riflesso e segnato un’epoca e che sanno parlare a tutti, sempre.

Il grande Gatsby è la storia di un uomo di umili origini che fa fortuna in un modo misterioso e non pulito, tra contrabbando e altri affari, dopo l’incontro con il ricco proprietario di uno yacht. Incontro e fortuna che lo portano a cercare di cancellare la propria identità per riscrivere da capo la propria vita, cambiando nome e residenza, tagliando quasi per intero i ponti con la famiglia di origine, liquidata con qualche foto e il regalo di una nuova abitazione.

Gatsby è un uomo che incarna il sogno americano, maturato negli anni venti, gli anni ruggenti che Fitzgerald racconta in modo realistico e al tempo stesso disincantato. Anni di benessere materiale e ottimismo, di gonne che si accorciano, di grandi feste e leggerezza, ma anche di speculazioni finanziarie e affari più o meno leciti, con l’Europa trasformata dopo la guerra in un gigantesco mercato per le merci e i capitali americani. Le grandi contraddizioni, tra slancio collettivo verso una libertà senza freni, suprematismo, maccartismo e proibizionismo, fanno da sfondo ad una vicenda personale narrata da un vicino di casa, presto diventato suo amico e in un certo senso la sua coscienza critica: Nick Carraway.

Quest’ultimo viene avvicinato da Gatsby, durante una delle sue tante frequentatissime feste, affinché possa organizzare un incontro con la cugina Daisy, la quale trascorre le sue vacanze con il marito Tom sulla costa settentrionale di Long Island, in una casa che si trova davanti alla villa del ricco contrabbandiere. Quest’ultimo la ama da 5 anni, dopo il primo incontro, quando le condizioni economiche modeste non gli avevano permesso di sposarla.

Il suo amore, tenace rappresenta la sola dimensione autentica e pura di un uomo che incarna i suoi tempi, materiali e frivoli, privi di scrupoli e indifferenti a tutto ciò che non sia volgare appagamento del proprio ego instabile. Tempi non tanto lontani dai nostri, a ben pensarci.
Gatsby si illude di ritrovare in Daisy lo stesso sentimento di cinque anni prima, finendo per amate per tutti e due e pagando in prima persona per l’impossibilità di far rivivere il passato.

La donna, come ogni personaggio del libro, non sa né sente il bisogno di amare e conduce un’esistenza posticcia, come il suo matrimonio, fatto di infedeltà e freddezza. Quando si macchierà di un crimine terribile, non esiterà a scaricarlo sull’unico uomo che l’abbia mai veramente amata, per continuare a vivere come se niente fosse.

Il finale tragico illumina l’infinita solitudine di Gatsby e la forza delle amicizie che nascono per caso e si rivelano più autentiche di ogni altro rapporto. Il libro è struggente, ma la scrittura è scorrevole, per cui non appesantisce il lettore, incantandolo con il fascino sfuggente del protagonista e la disamina critica della società di massa americana e più in generale umana. Da leggere!

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