A cura di Redazione
La mafia non esiste, tuonano politicanti e uomini d’affari. È una pura invenzione, ripetono coloro che con la mafia sono legati a doppio filo.
Il giorno della civetta, un classico di Leonardo Sciascia, riluce di un tempo attuale che si legge al passato solo nei nomi dei partiti, dei leader, nell’ assenza di quella tecnologia che oggi permea ogni azione umana.
Per il resto, in questa bellissima opera ci sono due mondi apparentemente lontani ma intersecati: il nord e il sud. Con la linea della palma, vale a dire degli investimenti malavitosi, che si sposta sempre più dall’uno all’altro, sia pure impercettibilmente.
Questo libro racconta molto più della mafia siciliana, della storia e della cultura di questa splendida isola che sa di mare, di arte e di classicità. Racconta ben altro che la questione meridionale e l’eterna partita a scacchi tra guardie e ladri, carabinieri e mafiosi, con la politica come sottofondo ideologico e asso nella manica di chi fa dell’illegalità una garanzia di potere e ricchezza.
Descrive l’intero Paese, la sua transizione dalla repubblica di Salò alla democrazia ritrovata, dalla guerra al boom economico, unita nella cultura del malaffare, che tutti pensano lontano, in un altrove quasi mitologico.
Omertà a sud e mitizzazione del fuorilegge a nord, tra le ragazze alla moda che compiangono e invidiano le donne siciliane, non sono che facce diverse della stessa medaglia. L’Italia è una e mafiosa, sembra dire Sciascia, con una scrittura limpida e alta. Lo è soprattutto ai piani alti, tra la gente che conta.
Eppure di mafia in Sicilia si muore ammazzati e a nulla valgono l’impegno e l’ingegno di chi ancora crede nella legalità.
Eppure la mafia fa di questo Paese tutto ciò che potrebbe non essere, date le sue enormi potenzialità.
Una via di mezzo tra un romanzo d’inchiesta e un poliziesco, questo libro va letto a tutti i costi, anche nel 2024, soprattutto nel 204. Parla di noi e dice ancora tantissimo.
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