La sagra del delitto di Agatha Christie: recensione

Redazione

I gialli di Agatha Christie sono una garanzia di ore liete, trascorse in letture senza impegno, ma appassionanti.


La sagra del delitto ha come protagonista il grande Hercule Poirot e come coprotagonista o spalla la vulcanica scrittrice di gialli Adriane Oliver.

Sarà quest’ultima ad invitarlo a Nasse House, villa di campagna di proprietà del signorotto George Stubbs e della sua giovane e un po’ frivola moglie, dove la scrittrice ha organizzato, per animare la sagra paesana, una insolita caccia all’assassino. La signora Oliver sospetta che il gioco possa sfuggire di mano e vuole che sia Poirot a vigilare.

Ad andare in scena sarà una vera e propria sagra del delitto, come recita il titolo del libro. L’epilogo, nonostante gli indizi sapientemente disseminati (e nascosti) dalla Christie per tutto il romanzo, è sorprendente e del tutto inatteso.


Le pagine scorrono gradevolmente e ci si appassiona alla storia ricca di suspense creata dall’autrice di gialli più famosa di sempre.

Stagioni: racconto in progress

A cura di Stefania Soldati

Riprendiamo con la nostra rubrica sui racconti a puntate, con un nuovo racconto in progress. Ecco la prima puntata, buona lettura!

Andava spedito, tra foglie secche e odori di zuppe invernali, pallido in volto, come chi ha aspettato fino all’ultimo un motivo per desistere dal suo proposito, senza trovarlo. Aveva 48 anni, il cuore in tasca e una manciata di rancori. Nessuna aspettativa.

Saliva il colle di Sant’Onorio, verso il luogo stabilito per l’appuntamento. Perché le aveva permesso di incontrarlo ancora, se non c’era alcuna possibilità di ricominciare da capo? Voleva tormentarlo, con le sue labbra insolenti e lo sguardo torvo, sicura di sé, come una matrona d’altri tempi e luoghi. Voleva umiliarlo, leggendogli in faccia un amore disperato, ma ancora vivo.

Anna aveva 46 anni e un corpo giovane, asciutto e sensuale che gliene faceva dimostrare non più di 41-42. I ricci color miele le disegnavano il viso di boccoli, avviluppandone il profilo di bambina. Se solo gli avesse concesso un’opportunità, sarebbe filato tutto liscio. Non beveva ormai da 34 giorni e aveva ripreso da 2 il suo posto in cantiere, presto era presto per avanzare previsioni e azzardare bilanci, ma dentro si sentiva pulito come non mai e questo gli bastava. Ogni tanto sentiva ancora il profumo del rum, inebriante e caldo, familiare. Sputava in terra, a quel pensiero, bestemmiando tra sé e sé. Mancavano ancora 20 minuti all’appuntamento con il destino, in una fredda domenica di inverno.

Lucernario, di José Saramago: recensione

A cura di Zar@

Lucernario è il romanzo d’esordio di un José Saramago che non è ancora José Saramago, il premio Nobel dalla scrittura originale, fin dalla punteggiatura, dalla narrazione coinvolgente e acuta, profonda nello scavo psicologico dei personaggi e nelle storie, tra il filosofico e il surreale.

Il piglio ironico e pungente è appena percepibile.

Il libro racconta sei storie di altrettante famiglie, che si dipanano nelle stanze di un condominio di Lisbona.

Storie di donne, frustrate e tradite, che inaspettatamente scoprono i piaceri dell’eros con l’uomo che più disprezzano al mondo: il proprio marito. Donne felicemente ingrassate che invecchiano accanto a una persona dal passato equivoco, donne sensuali, che fanno uso del proprio corpo per garantirsi una vita agiata o che assecondano il capriccio del principale per sottrarsi alla povertà di una famiglia per bene.

Saramago racconta, inoltre, di uomini tormentati, deboli, incapaci di gestire una libertà a lungo desiderata o vendicativi. Di un giovane libertario che cerca la sua strada.

Narra efficacemente di madri, zie e nipoti che vivono una vita spenta, ravvivata istantaneamente da un brano di musica classica alla radio, accesa all’improvviso da un’inaspettata morbosità.

Nel romanzo c’è la difficoltà del vivere in ristrettezze economiche, lo slancio utopico e il dramma tutto umano dell’incomunicabilità.

C’è un talento evidente più che latente, che di lì a poco sarebbe esploso. Coinvolge.

La voce della musica: su Raggioceleste Channel il nuovo spazio dedicato alla musica d’autore e indipendente

P. Traccis

La voce della musica è la nuovissima trasmissione dedicata alla musica d’autore e indipendente, curata da Oliviero Malaspina su RAGGIOCELESTE CHANNEL, visibile attraverso le piattaforme Rumble e YouTube. 

Un luogo abitato dalla musica d’autore e dai suoi testimoni, gli artisti che hanno contribuito a renderla grande e che insieme a tanti giovani promettenti permettono a questo genere, vivo e pulsante, di evolversi verso nuovi orizzonti creativi.

Diciamolo: uno spazio di cui c’era bisogno.

Le produzioni musicali e gli interpreti che popolano (o saturano) TV, radio e Web, infatti, hanno progressivamente oscurato e confinato, nelle riserve indiane della comunicazione, questo genere che in passato è stato tra i più apprezzati, legato a nomi che hanno fatto la storia della musica italiana, come Francesco Guccini, Ivano Fossati, Franco Battiato, Roberto Vecchioni, Francesco De Gregori e Fabrizio De Andrè.

Quest’ultimo aveva scelto proprio Oliviero Malaspina come suo ultimo coautore per i Notturni, l’opera incompiuta rimasta inedita per la morte dell’artista genovese. 

Il cantautore, poeta e scrittore pavese ha all’attivo 5 album, un singolo di recente pubblicazione e lavora al suo prossimo album, in uscita tra pochi mesi, vantando inoltre svariate collaborazioni come autore, oltre che riconoscimenti importanti per la canzone d’autore, come il premio Musicultura, vinto per ben tre volte. 

Il fatto che a curare e condurre la trasmissione non sia un Deejay o un divulgatore, ma un cantautore, ne fa un salotto musicale genuinamente autentico, un circolo culturale onesto, appassionato e ricco di novità pregevoli.

Non si tratta solo di avere uno spazio per fare conoscere la propria musica – spiega Malaspina –  sfidando la censura del mercato, ma di dare voce alla canzone d’autore nelle sue espressioni più alte e originali. Si tratta di un atto dovuto, per un genere che ha ancora tanto da offrire, a vantaggio del pubblico che ama questa musica e che fatica a reperirla in un mercato ipertrofico, sempre di più  appannaggio di chi dispone di capitali cospicui. Esistono ancora cantautori di razza, artisti di smisurato talento – aggiunge il cantautore premio UNESCO per musica e poesia – contribuire alla loro emersione è un dovere sociale oltre che un piacere. L’arte rappresenta il meglio che possiamo offrire al mondo.

La trasmissione, della durata di mezz’ora, propone interviste, con ascolto di brani, che stimolano il confronto sulle storie narrate dagli artisti coinvolti. Storie musicali e di vita che ci offrono un linguaggio efficace e portentoso per articolare le nostre storie e vite, come è nella natura della canzone d’autore

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Fede, Speranza e Carneficina di Nick Cave e Seán O’Hagan: recensione

Redazione

Conoscevo Nick Cave come cantautore e artista, ma l’uomo mi sfuggiva, al di là del gossip che sempre ricama sulle vite delle rockstar.

Tormentato, fragile, costretto più volte a disintossicarsi, immensamente creativo, con un recente traumatico vissuto, a causa della perdita di suo figlio Arthur. Tutto questo rappresenta il noto, da commisurare all’ignoto, per poter azzardare la conoscenza di un essere umano.

Fede, Speranza e Carneficina è un libro, edito da La nave di Teseo, nel quale Seán O’Hagan intervista Nick Cave sul suo album Ghosteen, sul prossimo in uscita e più in generale sul periodo pandemico che lo ha costretto allo stop, in un destino comune a tanti musicisti, impedendogli di organizzare il tour previsto per il suo pregevole ultimo lavoro.

Il dialogo spazia nel passato remoto e più recente dell’autore, sviscerandone gli aspetti professionali e umani, approfondendo temi come fede, arte, musica, libertà, poesia, amore e lutto.
Il processo creativo alla base delle sue opere, nella sua evoluzione fino alla profonda trasformazione degli ultimi anni, viene esplicitato con un linguaggio poetico e visionario, carico di forza spirituale e di speranza nell’insondabile.

La creatività per Cave è un atto di fede e di speranza, di libertà e di felicità, a dispetto della vita stessa, nella sua essenza binaria di stupore e tremore. Il divino rappresenta una certezza pratica, per Cave, un motore per la sua vita e per la sua arte, un miraggio razionale da salvaguardare per non soccombere alla modernità. Per sfuggire alla carneficina, trovando un linguaggio condiviso per offrire al mondo il meglio di sé.

Ho letto questo libro, ampiamente pubblicizzato, solo perché l’ho ricevuto come regalo di Natale. Generalmente mi sottraggo al troppo pubblicizzato.

Tuttavia, piacevolmente sorpresa, mi sento di consigliarlo a tutti coloro che vogliono penetrare più a fondo il gioco creativo alla base della musica e dell’arte, nella sua mescolanza di inconsapevolezza e sapiente tecnica. A chi non si sottrae alla riflessione su ciò che conta, la vita, caduca e preziosa, immensamente bella, come l’uomo che ne è poratore più o meno sano. Questa metamorfosi umana e professionale, nel contesto della sua carneficina personale, viene narrata con onestà e sublimazione poetica, toccando corde profondamente umane.

Il complesso della migrazione

Redazione

Amiche e amici, come sapete le nostre riflessioni non intendono fossilizzarsi sul presente, dando risalto all’attimo, in una continua rincorsa al tema del giorno. Preferiamo seguire lo scorrere degli eventi a modo nostro, con i nostri tempi. Per questa ragione scriviamo quando ci va e di ciò che stuzzica le nostre menti e accende le nostre fantasie. Senza forzature.

Ci sono questioni aperte da un’infinità di tempo, come quella delle migrazioni dai Paesi più poveri e tormentati del mondo. Niente di nuovo sotto il sole, perché l’uomo si muove da sempre e la staticità è una condizione ben più innaturale del movimento. La vita è movimento e mutamento e talvolta lo richiede per poter andare avanti. Tuttavia le polemiche sono la sola cosa che riusciamo a partorire di fronte a questo fenomeno non nuovo. Le tragedie e le polemiche sono una costante, mentre le soluzioni non arrivano e sembra tutto talmente complesso da essere ingestibile. Ma sarà davvero così? Quale contributo può offrire ognuno di noi? Questioni complesse, soprattutto perché non si ha nessun interesse a semplificarle.

Quella che pubblichiamo è una riflessione di una nostra amica, che ha il sapore amaro dello sfogo. Contro l’ingiustizia e l’ipocrisia: condizioni umane, troppo umane. Buona lettura.

Cutro o non Cutro, un mondo che chiude le porte agli affamati e agli oppressi, dopo averli affamati e oppressi, che pretende che uno Stato da solo si faccia carico dell’intero continente africano, che ha tanto denaro da ributtarne dagli occhi ma non un soldo di cuore, perennemente in guerra contro se stesso, che ha ancora gli schiavi e i padroni, è forse l’unico mondo possibile per un essere come quello umano. Quello che lo rispecchia nella sua vera essenza o natura. Insieme alla retorica dei tg, della politica, alle organizzazioni benefiche, ai collettivi, a Stocazzo.


I fiori dell’eccezione, piccoli gesti individuali di solidarietà nei riguardi del prossimo, sono solo erbacce infestanti, che nascono per caso, nel grande prato verde dell’amore e dell’odio coltivati. Coltivati per il tornaconto di qualcuno.

Il tornaconto personale è il principale motore dell’uomo. Questo mondo è il nostro specchio, ci rimanda indietro le polemiche che puntualmente accompagnano ogni tragedia. Guardiamoci bene in faccia, siamo noi.

Liceo Scientifico M. Pira di Siniscola: incontro -dibattito con Giuseppe Cristaldi e Oliviero Malaspina, autori del libro Drammaturgia degli invissuti

Redazione

Per la rubrica Segnaliamo i vostri eventi, oggi vi presentiamo l’incontro-dibattito organizzato per il 25 febbraio 2023 dal Liceo Scientifico “Michelangelo Pira” di Siniscola, rinomato centro turistico incastonato nello splendido scenario della Costa Orientale, una delle più belle e senz’altro la più variegata della Sardegna.

Gli alunni del liceo incontreranno Giuseppe Cristaldi e Oliviero Malaspina, due autori già noti al nostro blog, così come il loro libro Drammaturgia degli invissuti, pubblicato da Fallone Editore nel 2019.

Giuseppe Cristaldi è uno scrittore e drammaturgo salentino che vive in Sardegna, da sempre in prima linea nell’affrontare tematiche sociali e ambientali, come ad esempio le lotte dei lavoratori del petrolchimico di Brindisi o dell’acquedotto pugliese, legate all’elevatissima incidenza di forme tumorali che hanno causato numerose vittime. Nel raccontare la sete di giustizia dei familiari, Cristaldi ha collaborato con artisti della levatura di Franco Battiato e Caparezza. Le sue opere hanno ricevuto vari premi, tra i quali il Premio Puglialibre, Menzione miglior romanzo del 2013 (2014) e il Premio Presidi del libro (2017).

Oliviero Malaspina è invece un noto cantautore, poeta e scrittore pavese, con all’attivo diversi album e libri, sia in poesia che in prosa. Sempre impegnato nel “dare voce alle bocche che non hanno più forza e parole”, come l’amico Fabrizio De Andrè, di cui è stato l’ultimo collaboratore. Quest’ultimo infatti lo aveva scelto come coautore dei Notturni, la sua ultima opera rimasta inedita. Nel 2011 riceve il premio UNESCO per musica e poesia Messaggero di pace, dopo aver vinto tre edizioni del premio Musicultura (1990, 1991, 1993), il premio Lunezia (2001, con Cristiano De André) e aver ottenuto il riconoscimento MGM Los Angeles, Migliore songwriter italiano nel 2005.

Entrambi hanno collaborato inoltre con Cristiano De Andrè, il primo nella stesura della sua autobiografia e il secondo scrivendo svariate canzoni presenti negli album di maggiore successo del figlio di Faber.

L’incontro chiude il progetto di Educazione Civica e PCTO, coordinato dalla prof ssa Pasqualina Traccis, sul tema del lavoro dignitoso e in sicurezza per tutti, nel rispetto dell’ambiente, rivolto al triennio del liceo Pira.

Le classi coinvolte si sono cimentate sul tema prendendo spunto da alcune delle XVIII sezioni del libro di Cristaldi e Malaspina, spaziando per la filosofia, la storia, il diritto, la letteratura e la musica, allo scopo di congiungere la consapevolezza delle dinamiche socio-culturali che hanno prodotto la normativa attuale sul lavoro e sull’ambiente, con la dimensione umana della dialettica lavoro-salute-ambiente, ben rappresentata dalle vite interrotte a causa del mancato rispetto di quelle norme, raccontate in Drammaturgia degli invissuti.

Gli alunni del Pira nei mesi precedenti hanno svolto un’attività di cooperative learning, elaborando una serie di video e documenti multimediali, nei quali hanno affrontato il tema da molteplici angolature, per proporre una loro sintesi argomentativa, critica e creativa che ha arricchito di senso le riflessioni e le ricerche di carattere storico-filosofico, legislativo e relative alla cronaca più recente. In questo modo, ci spiega la loro insegnante di Filosofia e Storia, i ragazzi si sono preparati al dialogo con gli autori, ai quali porranno le domande scaturite dal lavoro svolto in classe.

Al centro del confronto anche la sostenibilità ambientale dello sviluppo economico e le tante anomalie dello scenario italiano e globale, particolarmente sentito in una terra, la Sardegna che ha nella bellezza superba e incontaminata la sua maggiore ricchezza.

Durante il dibattito interverrà la dottoressa Francesca Cossu, esperta di diritto del lavoro ed impiegata presso l’INAIL di Torino, per esplicitare la normativa di riferimento del progetto e portare dati aggiornati sulla situazione italiana.

Il convegno, che vedrà la partecipazione attiva degli studenti, sia durante i lavori che nelle diverse farsi dell’organizzazione, vedrà la presentazione di un libro che tratta degli invissuti, persone che non riescono a vivere del sud e del nord del nostro Paese, alternando visioni poetiche e brevi racconti, affidati rispettivamente al corsivo di Oliviero Malaspina e allo stampato di Giuseppe Cristaldi, fino all’epilogo di disperata speranza che chiude questa toccante quanto salvifica drammaturgia. Il libro è stato acquisito dalla biblioteca della scuola, per la sperimentazione didattica.

Il dibattito riguarderà inevitabilmente anche la musica e la letteratura, il loro rapporto con la filosofia e più in generale il legame indissolubile tra scuola e cultura, come speranza e impegno concreto per un mondo migliore.

La locandina dell’evento

Quanto siamo smemorati? La Shoah come monito per la nostra leggerezza che rischia di diventare complicità

A cura di Gina Pola

Come ogni anno la Giornata della memoria è trascorsa tra eventi dedicati al dramma della Shoah dai media e dalle istituzioni, nella commossa ricostruzione di ciò che fu. Non sono mancate le testimonianze dirette, toccanti, dei sopravvissuti e i film che hanno raccontato al grande pubblico questa pagina durissima della nostra storia.

Come ogni anno abbiamo ricordato, con un occhio al presente, nella vigile consapevolezza della banalità del male, persino del male assoluto, che la Arendt ci ha descritto come terribilmente alla portata di tutti. Annidandosi nell’indifferenza e nutrendosi della deresponsabilizzazione collettiva che caratterizza la società moderna, iperconnessa eppure atomistica come non mai. La globalizzazione dell’indifferenza, più volte denunciata dallo stesso Papa Francesco, non rappresenta certo un antidoto sicuro contro l’odio e l’intolleranza verso le minoranze e le culture altre.

Al contrario spiega tanta di quella smemoratezza che ogni anno si lamenta, in questa occasione, puntando il dito contro revisionisti e negazionisti, che sono ancora troppi in tutto il mondo.

Non stupisce che persone che non riescono più a indignarsi per l’ingiustizia e la diseguaglianza sociale in questa o in altre parti più svantaggiate del mondo, siano indifferenti nei riguardi di chi ha vissuto sulla propria pelle una tragedia immane, al punto da negarla. Non stuoisce che non sentano odore di complicità in questa deresponsabilizzazione che nasce da una memoria zoppicante o assente. Del resto nel mondo sono ancora tante le situazioni drammaticamente inaccettabili, dalle guerre, allo sfruttamento del lavoro, alla povertà estrema, all’inquinamento, alla disumanizzazione dell’uomo, legati agli interessi di pochi che hanno in mano le sorti di tutti. Questi ultimi si rendono facilmente complici pensando semplicemente che così va il mondo e non ponendosi più interrogativi etici, diventati un inutile ingombro, da spazzare via a colpi di presunto progresso.

Oggi più che mai occorre ricordare, guardare al passato per non smarrirsi in questo presente confuso e inconsistente, che ci rende tutti complici, piaccia o no, di cose grandiose e al tempo stesso infime e crudeli. Sbagliate. Esiste ancora una differenza tra bene e male e non tutto è relativo. Lo è oggi più che mai. Non dimentichiamolo. Non dimentichiamo.

Segnala i tuoi eventi culturali a Eikasia

Redazione

Amiche e amici,

inauguriamo una nuova rubrica del nostro blog, dedicata alla segnalazione dei vostri eventi culturali, in tutta Italia.

Potete segnalare il vostro evento, gratuitamente, inviando un messaggio di posta elettronica alla nostra Redazione. La descrizione dell’evento non deve superare i 700 caratteri e sarà vagliato dalla Redazione prima della sua eventuale pubblicazione, a discrezione della stessa.

Nel messaggio gli utenti devono specificare nome, cognome, indirizzo e numero telefonico, assumendosi per intero la responsabilità della veridicità delle informazioni fornite, impegnandosi a segnalare tempestivamente eventuali modifiche o annullamenti di eventi.

È possibile allegare una sola immagine, sottoposta sempre a valutazione preventiva, con assunzione di responsabilità dei diritti d’autore per la stessa, da esplicitare nel messaggio.

I primi eventi culturali saranno pubblicati prossimamente.

Immaginiamo, dunque siamo!

In ricordo di Fabrizio De André

A cura di Zar@

L’11 gennaio 1999 ci lasciava uno degli artisti di maggiore spessore e pregio della musica italiana, Fabrizio De Andrè.

La memoria delle sue splendide canzoni, dense di emozione quanto prossime alla poesia, è tutt’ora viva in ognuno di noi. Sarebbe bello poter dire la stessa cosa della canzone d’autore, desaparecida, al netto di poche e pressochè invisibili eccezioni.

Pensiamo ad alcuni degli storici collaboratori e amici dello stesso Faber, che sono ancora in attività, come Massimo Bubola, Max Manfredi, Oliviero Malaspina o Francesco Baccini. A pochi pochissimi altri.

Questo ricordo vuole essere un omaggio all’uno e all’altra, con uno dei brani di Faber che amiamo di più. Che sia di auspicio per una rinascita della buona musica.

Quanto ci manca il cantautore genovese! Quale nostalgia della grande canzone d’autore.

Buon ascolto, amiche e amici.

Amore che vieni, amore che vai