Conoscevo Nick Cave come cantautore e artista, ma l’uomo mi sfuggiva, al di là del gossip che sempre ricama sulle vite delle rockstar.
Tormentato, fragile, costretto più volte a disintossicarsi, immensamente creativo, con un recente traumatico vissuto, a causa della perdita di suo figlio Arthur. Tutto questo rappresenta il noto, da commisurare all’ignoto, per poter azzardare la conoscenza di un essere umano.
Fede, Speranza e Carneficina è un libro, edito da La nave di Teseo, nel quale Seán O’Hagan intervista Nick Cave sul suo album Ghosteen, sul prossimo in uscita e più in generale sul periodo pandemico che lo ha costretto allo stop, in un destino comune a tanti musicisti, impedendogli di organizzare il tour previsto per il suo pregevole ultimo lavoro.
Il dialogo spazia nel passato remoto e più recente dell’autore, sviscerandone gli aspetti professionali e umani, approfondendo temi come fede, arte, musica, libertà, poesia, amore e lutto. Il processo creativo alla base delle sue opere, nella sua evoluzione fino alla profonda trasformazione degli ultimi anni, viene esplicitato con un linguaggio poetico e visionario, carico di forza spirituale e di speranza nell’insondabile.
La creatività per Cave è un atto di fede e di speranza, di libertà e di felicità, a dispetto della vita stessa, nella sua essenza binaria di stupore e tremore. Il divino rappresenta una certezza pratica, per Cave, un motore per la sua vita e per la sua arte, un miraggio razionale da salvaguardare per non soccombere alla modernità. Per sfuggire alla carneficina, trovando un linguaggio condiviso per offrire al mondo il meglio di sé.
Ho letto questo libro, ampiamente pubblicizzato, solo perché l’ho ricevuto come regalo di Natale. Generalmente mi sottraggo al troppo pubblicizzato.
Tuttavia, piacevolmente sorpresa, mi sento di consigliarlo a tutti coloro che vogliono penetrare più a fondo il gioco creativo alla base della musica e dell’arte, nella sua mescolanza di inconsapevolezza e sapiente tecnica. A chi non si sottrae alla riflessione su ciò che conta, la vita, caduca e preziosa, immensamente bella, come l’uomo che ne è poratore più o meno sano. Questa metamorfosi umana e professionale, nel contesto della sua carneficina personale, viene narrata con onestà e sublimazione poetica, toccando corde profondamente umane.
I diritti delle opere citate sono dei rispettivi proprietari.
Amiche e amici, come sapete le nostre riflessioni non intendono fossilizzarsi sul presente, dando risalto all’attimo, in una continua rincorsa al tema del giorno.
Preferiamo seguire lo scorrere degli eventi a modo nostro, con i nostri tempi. Per questa ragione scriviamo quando ci va e di ciò che stuzzica le nostre menti e accende le nostre fantasie. Senza forzature.
Ci sono questioni aperte da un’infinità di tempo, come quella delle migrazioni dai Paesi più poveri e tormentati del mondo. Niente di nuovo sotto il sole, perché l’uomo si muove da sempre e la staticità è una condizione ben più innaturale del movimento. La vita è movimento e mutamento e talvolta lo richiede per poter andare avanti. Tuttavia le polemiche sono la sola cosa che riusciamo a partorire di fronte a questo fenomeno non nuovo. Le tragedie e le polemiche sono una costante, mentre le soluzioni non arrivano e sembra tutto talmente complesso da essere ingestibile. Ma sarà davvero così? Quale contributo può offrire ognuno di noi? Questioni complesse, soprattutto perché non si ha nessun interesse a semplificarle.
Quella che pubblichiamo è una riflessione di una nostra amica, che ha il sapore amaro dello sfogo. Contro l’ingiustizia e l’ipocrisia: condizioni umane, troppo umane. Buona lettura.
Cutro o non Cutro, un mondo che chiude le porte agli affamati e agli oppressi, dopo averli affamati e oppressi, che pretende che uno Stato da solo si faccia carico dell’intero continente africano, che ha tanto denaro da ributtarne dagli occhi ma non un soldo di cuore, perennemente in guerra contro se stesso, che ha ancora gli schiavi e i padroni, è forse l’unico mondo possibile per un essere come quello umano. Quello che lo rispecchia nella sua vera essenza o natura. Insieme alla retorica dei tg, della politica, alle organizzazioni benefiche, ai collettivi, a Stocazzo.
I fiori dell’eccezione, piccoli gesti individuali di solidarietà nei riguardi del prossimo, sono solo erbacce infestanti, che nascono per caso, nel grande prato verde dell’amore e dell’odio coltivati. Coltivati per il tornaconto di qualcuno.
Il tornaconto personale è il principale motore dell’uomo. Questo mondo è il nostro specchio, ci rimanda indietro le polemiche che puntualmente accompagnano ogni tragedia. Guardiamoci bene in faccia, siamo noi.
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Per la rubrica Segnaliamo i vostri eventi, oggi vi presentiamo l’incontro-dibattito organizzato per il 25 febbraio 2023 dal Liceo Scientifico “Michelangelo Pira” di Siniscola, rinomato centro turistico incastonato nello splendido scenario della Costa Orientale, una delle più belle e senz’altro la più variegata della Sardegna.
Gli alunni del liceo incontreranno Giuseppe Cristaldi e Oliviero Malaspina, due autori già noti al nostro blog, così come il loro libro Drammaturgia degli invissuti, pubblicato da Fallone Editore nel 2019.
Giuseppe Cristaldi è uno scrittore e drammaturgo salentino che vive in Sardegna, da sempre in prima linea nell’affrontare tematiche sociali e ambientali, come ad esempio le lotte dei lavoratori del petrolchimico di Brindisi o dell’acquedotto pugliese, legate all’elevatissima incidenza di forme tumorali che hanno causato numerose vittime. Nel raccontare la sete di giustizia dei familiari, Cristaldi ha collaborato con artisti della levatura di Franco Battiato e Caparezza. Le sue opere hanno ricevuto vari premi, tra i quali il Premio Puglialibre, Menzione miglior romanzo del 2013 (2014) e il Premio Presidi del libro (2017).
Oliviero Malaspina è invece un noto cantautore, poeta e scrittore pavese, con all’attivo diversi album e libri, sia in poesia che in prosa. Sempre impegnato nel “dare voce alle bocche che non hanno più forza e parole”, come l’amico Fabrizio De Andrè, di cui è stato l’ultimo collaboratore. Quest’ultimo infatti lo aveva scelto come coautore dei Notturni, la sua ultima opera rimasta inedita. Nel 2011 riceve il premioUNESCO per musica e poesia Messaggero di pace, dopo aver vinto tre edizioni del premio Musicultura (1990, 1991, 1993), il premio Lunezia (2001, con Cristiano De André) e aver ottenuto il riconoscimento MGM Los Angeles, Migliore songwriter italiano nel 2005.
Entrambi hanno collaborato inoltre con Cristiano De Andrè, il primo nella stesura della sua autobiografia e il secondo scrivendo svariate canzoni presenti negli album di maggiore successo del figlio di Faber.
L’incontro chiude il progetto di Educazione Civica e PCTO, coordinato dalla prof ssa Pasqualina Traccis, sul tema del lavoro dignitoso e in sicurezza per tutti, nel rispetto dell’ambiente, rivolto al triennio del liceo Pira.
Le classi coinvolte si sono cimentate sul tema prendendo spunto da alcune delle XVIII sezioni del libro di Cristaldi e Malaspina, spaziando per la filosofia, la storia, il diritto, la letteratura e la musica, allo scopo di congiungere la consapevolezza delle dinamiche socio-culturali che hanno prodotto la normativa attuale sul lavoro e sull’ambiente, con la dimensione umana della dialettica lavoro-salute-ambiente, ben rappresentata dalle vite interrotte a causa del mancato rispetto di quelle norme, raccontate in Drammaturgia degli invissuti.
Gli alunni del Pira nei mesi precedenti hanno svolto un’attività di cooperative learning, elaborando una serie di video e documenti multimediali, nei quali hanno affrontato il tema da molteplici angolature, per proporre una loro sintesi argomentativa, critica e creativa che ha arricchito di senso le riflessioni e le ricerche di carattere storico-filosofico, legislativo e relative alla cronaca più recente. In questo modo, ci spiega la loro insegnante di Filosofia e Storia, i ragazzi si sono preparati al dialogo con gli autori, ai quali porranno le domande scaturite dal lavoro svolto in classe.
Al centro del confronto anche la sostenibilità ambientale dello sviluppo economico e le tante anomalie dello scenario italiano e globale, particolarmente sentito in una terra, la Sardegna che ha nella bellezza superba e incontaminata la sua maggiore ricchezza.
Durante il dibattito interverrà la dottoressa Francesca Cossu, esperta di diritto del lavoro ed impiegata presso l’INAIL di Torino, per esplicitare la normativa di riferimento del progetto e portare dati aggiornati sulla situazione italiana.
Il convegno, che vedrà la partecipazione attiva degli studenti, sia durante i lavori che nelle diverse farsi dell’organizzazione, vedrà la presentazione di un libro che tratta degli invissuti, persone che non riescono a vivere del sud e del nord del nostro Paese, alternando visioni poetiche e brevi racconti, affidati rispettivamente al corsivo di Oliviero Malaspina e allo stampato di Giuseppe Cristaldi, fino all’epilogo di disperata speranza che chiude questa toccante quanto salvifica drammaturgia. Il libro è stato acquisito dalla biblioteca della scuola, per la sperimentazione didattica.
Il dibattito riguarderà inevitabilmente anche la musica e la letteratura, il loro rapporto con la filosofia e più in generale il legame indissolubile tra scuola e cultura, come speranza e impegno concreto per un mondo migliore.
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Come ogni anno la Giornata della memoria è trascorsa tra eventi dedicati al dramma della Shoah dai media e dalle istituzioni, nella commossa ricostruzione di ciò che fu. Non sono mancate le testimonianze dirette, toccanti, dei sopravvissuti e i film che hanno raccontato al grande pubblico questa pagina durissima della nostra storia.
Come ogni anno abbiamo ricordato, con un occhio al presente, nella vigile consapevolezza della banalità del male, persino del male assoluto, che la Arendt ci ha descritto come terribilmente alla portata di tutti. Annidandosi nell’indifferenza e nutrendosi della deresponsabilizzazione collettiva che caratterizza la società moderna, iperconnessa eppure atomistica come non mai. La globalizzazione dell’indifferenza, più volte denunciata dallo stesso Papa Francesco, non rappresenta certo un antidoto sicuro contro l’odio e l’intolleranza verso le minoranze e le culture altre.
Al contrario spiega tanta di quella smemoratezza che ogni anno si lamenta, in questa occasione, puntando il dito contro revisionisti e negazionisti, che sono ancora troppi in tutto il mondo.
Non stupisce che persone che non riescono più a indignarsi per l’ingiustizia e la diseguaglianza sociale in questa o in altre parti più svantaggiate del mondo, siano indifferenti nei riguardi di chi ha vissuto sulla propria pelle una tragedia immane, al punto da negarla. Non stuoisce che non sentano odore di complicità in questa deresponsabilizzazione che nasce da una memoria zoppicante o assente. Del resto nel mondo sono ancora tante le situazioni drammaticamente inaccettabili, dalle guerre, allo sfruttamento del lavoro, alla povertà estrema, all’inquinamento, alla disumanizzazione dell’uomo, legati agli interessi di pochi che hanno in mano le sorti di tutti. Questi ultimi si rendono facilmente complici pensando semplicemente che così va il mondo e non ponendosi più interrogativi etici, diventati un inutile ingombro, da spazzare via a colpi di presunto progresso.
Oggi più che mai occorre ricordare, guardare al passato per non smarrirsi in questo presente confuso e inconsistente, che ci rende tutti complici, piaccia o no, di cose grandiose e al tempo stesso infime e crudeli. Sbagliate. Esiste ancora una differenza tra bene e male e non tutto è relativo. Lo è oggi più che mai. Non dimentichiamolo. Non dimentichiamo.
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inauguriamo una nuova rubrica del nostro blog, dedicata alla segnalazione dei vostri eventi culturali, in tutta Italia.
Potete segnalare il vostro evento, gratuitamente, inviando un messaggio di posta elettronica alla nostra Redazione. La descrizione dell’evento non deve superare i 700 caratteri e sarà vagliato dalla Redazione prima della sua eventuale pubblicazione, a discrezione della stessa.
Nel messaggio gli utenti devono specificare nome, cognome, indirizzo e numero telefonico, assumendosi per intero la responsabilità della veridicità delle informazioni fornite, impegnandosi a segnalare tempestivamente eventuali modifiche o annullamenti di eventi.
È possibile allegare una sola immagine, sottoposta sempre a valutazione preventiva, con assunzione di responsabilità dei diritti d’autore per la stessa, da esplicitare nel messaggio.
I primi eventi culturali saranno pubblicati prossimamente.
L’11 gennaio 1999 ci lasciava uno degli artisti di maggiore spessore e pregio della musica italiana, Fabrizio De Andrè.
La memoria delle sue splendide canzoni, dense di emozione quanto prossime alla poesia, è tutt’ora viva in ognuno di noi. Sarebbe bello poter dire la stessa cosa della canzone d’autore, desaparecida, al netto di poche e pressochè invisibili eccezioni.
Pensiamo ad alcuni degli storici collaboratori e amici dello stesso Faber, che sono ancora in attività, come Massimo Bubola, Max Manfredi, Oliviero Malaspina o Francesco Baccini. A pochi pochissimi altri.
Questo ricordo vuole essere un omaggio all’uno e all’altra, con uno dei brani di Faber che amiamo di più. Che sia di auspicio per una rinascita della buona musica.
Quanto ci manca il cantautore genovese! Quale nostalgia della grande canzone d’autore.
Buon ascolto, amiche e amici.
Amore che vieni, amore che vai
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Eccoci, il tanto temuto e atteso 6 gennaio è giunto. Le feste sono finite, finalmente e purtroppo. Per qualcuno questo significa ritorno a scuola, per altri al lavoro, per molti solo un fastidio in meno o in più.
Alberi e statuine del presepe ritornano alle loro scatole anonime e grigie, in atessa di un nuovo Natale, di nuova gioia di vivere e voglia di fare festa. Di rinnovata malinconia e noia festiva.
Personalmente la mia festa preferita è l’Epifania. La festa della fine o, meglio, del compimento. Del fine ultimo delle festività natalizie: il manifestarsi al mondo della divinità, del Sacro, il cogliere la grandezza nella piccolezza, come ci ha ricordato il Papa.
Di farci grandi siamo capaci tutti, complici gli artefici dell’era cibernetica, ma quanti sono in grado di farsi piccoli? L’ombra è la prova schiacciante della presenza della luce, ma quanti di noi sanno farsi prova di luce interiore?
Il protagonismo di questi tempi, in cui persino un taglio di capelli viene mandato in onda per i propri fan, come un evento imperdibile, mi spinege a riflettere sull’Epifania, quella vera. La tenerezza e lo stupore di un bambino indifeso, in una mangiatoia. La luce interiore dell’innocenza in un mondo colpevole. Di disprezzo per la vita e di indifferenza per l’altro da sé. Guerre, povertà e odio sono il segno tangibile della colpa.
Non essere luce e nemmeno ombra, essere solo un riflesso, un esile riverbero di luccicanze fasulle, questo è il destino della contemporanea umanità.
Apparire senza manifestarsi, a se stessi e a gli altri, per ciò che si è realmente. Questa esistenza inautentica esigerebbe una nuova epifania. È con questo auspicio che la nostra redazione vi augura ancora buon anno e riprende la propria attività. Che ognuno di noi possa concedere al Sacro una parte di sé…
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Ci siamo presi una piccola pausa, per ritornare al più presto con tante novità. Abbiamo tutti bisogno di una vacanza, dai ragazzi delle scuole agli adulti prigionieri della routine lavorativa e familiare.
Natale è vacanza, magia e svago, regali e scambio di auguri, abbondanza culinaria e pensieri di pace. Il consumismo la fa da padrone, ma questa festa ha anche il potere di accendere la speranza, la tenerezza, il bisogno di essere migliori.
Se mancano questi ingredienti non è Natale. E allora che sia Natale per tutti, il nostro augurio più caloroso possa scaldare il cuore di ogni nostro affezionato lettore, per una ricarica di speranza e dolcezza, di cui tutti sentiamo il bisogno in questi tempi non facili. Che possa accendersi una nuova luce.
Buone feste a tutti, con tanto affetto. Ci leggiamo presto!
Non si può dire che le donne si devono emancipare e devono essere finalmente alla pari con gli uomini e poi non agire, ognuno nel proprio piccolo, in questa direzione. Il dominio ha molte facce e sfumature. Fisico, psicologico, economico, sociale, culturale. Si alimenta di stereotipi, assenze grammaticali, ma soprattutto di opportunità mancanti. Non so se agire sulle prime due possa accelerare il superamento della terza grave insufficienza di una società ancora maschilista. So che snaturarsi per adattarsi all’uomo non è una buona idea, perché una copia è al massimo una buona imitazione, ma manca di autenticità e prima o poi viene smascherata. Di fatto ci si trova ad essere ancor di più al servizio dell’uomo, in nome di una eguale libertà, funzionale al suo dominio economico, sociale, culturale e fisico. Chi non ti vuole prostituta non ti vuole libera. Chi ti vuole prostituta ti considera (sua) schiava. Oggetto, non soggetto di piacere. È lui che sceglie, tu vieni scelta, scegli di essere scelta, come un qualsiasi bene di consumo, con un prezzo. Tu non presti un servizio, lo sei. Sei servizio. Sei al servizio, come sempre.
Vero è che qualche passo in avanti va fatto, anche qualche passo falso, ma bisogna progredire. Occorre cambiare, riorientare la visione altrui e nostra della donna.
Leggevo che il ciclo rappresenta un problema per la donna, solo perché la società, dunque l’uomo, la obbliga alla linearità, a procedere dritta con impegni e oneri, non tenendo conto delle sue esigenze. Le aspettative sono nei suoi confronti le stesse che valgono per gli uomini e questo non è né giusto né inclusivo. Un mondo diverso è possibile? Deve essere a misura di donna per essere inclusivo e giusto? È giusto un mondo a che sia misura di alcuni e non di tutti? Est modus in rebus, occorre trovare un equilibrio tra le diverse esigenze e per farlo occorre sottolineare le differenze, non fingere che non esistano.
La parità nella diversità presuppone il riconoscimento della diversità e la sua valorizzazione.
Tuttavia oggi la diversità è diventata tabù o diktat stravagante, commerciale. In entrambi i casi va nascosta nella sua sostanza ed esibita, ostentata, nella forma. In altre parole la diversità oggi viene normalizzata perché possa essere accettata e per certi versi monetizzata. Ecco perché per designarla si usano suoni morbidi, sigle, inglesismi che la rendano glamour. Ecco perché ci si inventa una nuova normalità che stia a monte delle differenze. La pretesa di una neutralità che scansa o rinvia ogni differenziazione è la nuova discriminazione nei riguardi del diverso, un odio malcelato verso ciò che è naturalmente e incontrollabilmente differente. Oggettivamente.
Questa ossessione per il politicamente corretto più che censura è paura del diverso. Terrore di doverlo riconoscere per ciò che è. Bisogno di vederlo per ciò che non è per poterlo riconoscere e accogliere.
Le donne devono diventare uomini per poter affrontare il mondo o il mondo deve adattarsi alle donne perché si raggiunga l’agognata e sacrosanta parità? Entrambe le cose mi sembravano impossibili, ammesso che siano opportune.
La mia impressione è che si perda sempre più il senso della realtà.
Si dimenticano le questioni sostanziali, di diversa eguaglianza, prima di tutto economica e sociale, per inseguire quelle formali o immaginarie. Si pretende che tutti si viva una gigantesca farsa, in cui la realtà si perde a vantaggio dell’interpretazione, la si chiama inclusione, ma è solo una delle tante parole vuote con cui si pretende di cambiare il mondo lasciandolo esattamente com’è.
Giusto sensibilizzare, doveroso lottare, indispensabile educare e rieducare, ma senza dimenticare che, alla fine del processo, dobbiamo essere ancora tutti sani di mente e soprattutto tutti liberi. Un amore assoluto e incondizionato per la verità potrà giovare, mentre si punta dritte alla meta delle pari opportunità. Per un mondo che non sia delle donne o degli uomini, ma di tutti.
Instagram, Facebook, Twitter. Tik Tok no, sono troppo anziana per questo e mi resta un po’ di dignità.
Social sì social no, il grande dilemma. Sbaglia chi se ne tiene alla larga? La domanda vera è come ci riesca.
Sono così accattivanti, nella loro promessa di notorietà, nelle dosi quotidiane di gossip, nell’illusione dell’amicizia universale. Come esimersi dall’apparire. Colta, sexy, bella, ironica, esperta, buona, cattiva, informata, fluida, glamour, sei ciò che vuoi essere o meglio ciò che devi essere per colpire, piacere, maturare consenso, ottenere visibilità.
Ti sei riempita di filtri e l’hai sparata nel modo consueto, solito, collaudato, da manuale della perfetta nullità.
Col tempo ci prendi la mano e diventi una professionista del sociale, della civiltà e dell’inciviltà. Capita anche che ti svegli una mattina e ti ritrovi influencer, con migliaia di follower. Migliaia! Che avrai mai fatto di tanto speciale da meritare tanta attenzione?
Banalità scintillanti, tette in vista e finta trasgressione: il gioco è fatto.
In alternativa puoi buttarla sull’ironia, macinare meme, scopiazzare stili di risata. L’intellettuale, anche quello ha un suo perché e fascino. Avanti signori! C’è spazio per tutti.
Ogni giornata è speciale, nei social, anzi internazionale. Oggi i cani, domani le donne, dopodomani il salto in alto. Si celebra, tutti insieme e lontani anni luce l’uno dall’altro, l’inconsistenza di massa targata 2022. Quasi 2023.
Sapete che vi dico? Mi sono stancata di ogni persona, post, news che vedo nei social network. Ripetitivo, finto, gravitante intorno ai soliti temi, impastato di rituali collettivi, tristemente omologante. La direzione è una e una sola: il nichilismo. Annientare ogni difesa contro la barbarie del vivere per consumare.
Che barba che noia, diceva la simpatica Sandra Mondaini. Lo dico anch’io, mentre scorro le notizie in bacheca.
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