La caverna, di José Saramago: recensione

A cura di Mariposa

Occorre una buona dose di coraggio o di sfrontatezza per parlare tiepidamente di un romanzo del grande Saramago, scrittore geniale, oltre che Premio Nobel per la letteratura.

In questo caso, sarà forse per le aspettative troppo alte, data la mia formazione filosofica e il riferimento a Platone dell’intera opera, evidente fin dal titolo, devo dire che il romanzo non mi ha esaltato come gli altri, nel senso che, molto banalmente, mi aspettavo di più. A tratti l’ho trovato un po’ pesante, troppo analitico nell’illustrare il lavoro di vasaio. Aggiungo subito però che vale decisamente la pena leggerlo, nonostante questa sensazione di sottofondo.

L’idea di interpretare la vita del vasaio, protagonista dell’opera con la sua famiglia e, al tempo stesso, l’intera contemporaneità, attraverso il sempiterno mito della caverna, è molto buona e la scrittura come sempre originale. Il libro, inoltre, offre spunti interessanti di riflessione sulla realtà attuale.

La caverna di Saramago ripercorre il cambiamento di vita, che si impone al vasaio Cipriano Algor, nel momento in cui il misterioso Centro, che rappresenta il fulcro commerciale della zona, decide di interrompere il rapporto con la sua fornace, in quanto le stoviglie in ceramica non si vendono più, susclassate da quelle in plastica, mentre le statuine, proposte dalla figlia Marta come alternativa, non risultano gradite al consumatore moderno.

Nel frattempo, il genero di Cipriano, assunto come guardiano residente del Centro, vi si trasferisce con la moglie, accogliendo in casa anche il suocero, rimasto senza lavoro e dunque impossibilitato a sposarsi con la vicina, che ne ricambia l’amore.

Inizia così, la nuova vita della famiglia Algor all’interno del Centro, una sorta di città nella città, racchiusa tra mura spesse e finestre che non si possono aprire per non disperdere l’aria condizionata, che esprime la in modo molto efficace la modernità.

Quella degli abitanti del Centro è un’esistenza asettica e inautentica, condotta all’interno di una gabbia dorata. Il Centro è una sorta di mondo parallelo che riproduce, imitandoli, gli ambienti e i paesaggi del mondo esterno, ricostruito in modo da dare a tutti uno scopo commerciale, di consumo. Un mondo che è copia del mondo esterno, ma che presenta i tratti distintivi del modello, nella sua perfezione artificiale.

Dentro, infatti, si vive un’esistenza agiata, comoda e consumistica, fatta di desideri indotti dalle tecniche pubblicitarie, governati dal marketing, che diventa esercizio di potere. Il mondo in cui si barattano la libertà e l’autenticità per la sicurezza e il benessere, mentre l’essere si identifica con il consumare. Soddisfazione dei desideri e sicurezza hanno come contraltare non solo controllo, ma anche la repressione della curiosità, dell’istinto di esplorazione connaturato all’uomo e della stessa volontà di verità, da ricercare andando oltre le apparenze.

Nessuno degli Algor è convinto della scelta fatta, ma la svolta decisiva arriverà soltanto con l’inquietante scoperta, nel sotterraneo del Centro, di un mistero, nel quale rispecchiarsi, per ritrovarsi nella propria umanità. Il finale è un invito ad uscire dalla caverna nella quale la modernità ci ha rinchiuso, a riveder le stelle e il sole che illumina ogni speranza.

Lascia un commento