A cura di Simonetta Sansoni
Quanti sono gli scenari di guerra aperti nel mondo? I numeri dicono che sono troppi.
Fuoco e fiamme, morte e devastazione, minacce e tentativi maldestri di mediazione sono diventati pane quotidiano per un mondo che sembra essersi arreso alla guerra.
Gli appelli per la pace giungono dalle solite voci isolate, come quella del Papa e di chi manifesta contro le guerre e i massacri in corso, lancia petizioni, scrive articoli e promuove flash mob, sventola bandiere e appende lenzuola bianche. Sono voci inascoltate e senza forza, sebbene rappresentino la maggioranza degli esseri umani: un vero paradosso.
Volontà di potenza e interessi prevalgono sull’aspirazione della stragrande maggioranza delle persone, sul puro e semplice istinto di sopravvivenza dei più. Le guerre iniziano, proseguono, si fermano e ricominciano come se niente fosse.
Il perché se lo sono chiesti in tanti, ma la risposta siamo noi. Noi che siamo sempre in guerra gli uni contro gli altri, nel lavoro, nell’accesso a un concerto o a una visita medica, nella vita di coppia, nel rappprto con i nostri figli e genitori e in quello non meno tormentato con noi stessi.
Siamo noi che non diciamo no alla guerra nel modo giusto, con la necessaria costanza e veemenza. Siamo noi che siamo indifferenti alla sofferenza altrui, noi che disprezziamo il prossimo anziché amarlo, noi che siamo solidali solo per appartenenza politica o per mestiere, da veri professionisti del sociale, pedine ipocrite che non scoraggiano i cosiddetti grandi, i potenti, dal decidere sulla nostra pelle dell’ennesima guerra.
Abbiamo bisogno di un capobranco e di bandiere per scendere in piazza e dire che non vigliamo né uccidere né morire. Non siamo in grado di rinunciare al benessere che nasce anche dalla produzione e dalla vendita delle armi. Non disprezziamo la scienza che arma il potere, la chiamiamo progresso come la scienza che salva vite umane, come se non ci fosse un’etica che va rispettata in qualunque ambito dell’umano sapere e vivere.
Noi esseri umani siamo vittime e complici di ogni guerra e ne siamo la radice.
Eppure un anelito di pace è in ognuno di noi. Un flebile soffio di conciliazione o pacifica coesistenza. Da millenni attendiamo che si faccia vento, tempesta, bufera, uragano.
A guardarsi intorno non è ancora giunto il momento, decisamente.