C’era una volta la musica italiana

A cura di Zar@

Sanremo è finito, andiamo in pace.

Non so voi, ma io non ne potevo più.

Il festival del “di tutto un po’”, purché sia mediocre e facilmente smerciabile con un buon ritorno economico e poca spesa. Ormai sembra questa la logica della produzione musicale in Italia. Personalmente non considero il vincitore, giovane cantautore sardo-egiziano Mahmood, né migliore né peggiore degli altri che quest’anno hanno animato la kermesse musicale sanremese. Così come non ho trovato lo spettacolo in sé più noioso di altre annate. Ciò che mi ha stancato è l’ennesima conferma dell’imbarbarimento della canzone italiana, quella che passa nelle radio e in tv, figlia dei Talent e ancella di questo nuovo genere che fatico a definire musicale: il Trap.

Questa edizione di Sanremo tra l’altro ne sancisce la fusione e delinea chiaramente la già citata tendenza del mercato musicale attuale: massimo profitto con il minimo investimento e a scapito della qualità.

Culturalmente si tratta di una grande perdita per tutti.

Testi e sonorità trite e ritrite, banali e noiose, voci tutte uguali, come (ri)prodotte in serie, tematiche standard, nessuna emozione, nessuna vera novità.

La musica di qualità non c’è più? È morta? O viene semplicemente censurata dal mercato, con i suoi monopoli, finendo per non esistere più per nessuno? A noi consumatori la risposta.

Non c’è radio o TV che non si possa spegnere.

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