Recensione: Cronache del rum di Hunter S. Thompson

A cura di Stella Corsi

Cronache del rum è uno scritto giovanile dell’inventore del “giornalismo gonzo”, Hunter Thompson, giornalista e romanziere americano molto apprezzato dalla critica per il suo stile irriverente e originale, secondo alcuni geniale.

In questo libro racconta la storia di un giovane giornalista, Paul Kemp, che si trasferisce per lavoro in Portorico, presso un giornale sgangherato portato avanti da personaggi coloriti e scapestrati, senza tante prospettive. 

Il giovane vede il proprio talento imprigionato in un lavoro e in una cittadina di secondo ordine e più volte matura l’idea di andarsene, di cambiare, di dare una svolta alla propria esistenza senza però riuscirvi.

I giorni scorrono tra baruffe, indecisioni fatali, sbronze colossali in bar malfamati, sesso occasionale e progetti abortiti di un futuro sfuggente, fino all’epilogo disperato e sospeso.

Il libro scorre abbastanza veloce. Ci sono pagine, personaggi  e passi interessanti, talvolta surreali e folli. 

I personaggi vivono situazioni caratteristiche dei luoghi descritti, concitate e paradossali, che coinvolgono il lettore e divertono offrendo al tempo stesso qualche spunto di riflessione.

Ciononostante non mancano pagine monotone, di cronache etiliche che si assomigliano l’un l’altra, che stancano un po’. Nel complesso è un romanzo piacevole che mette in scena una vita dissoluta e al tempo stesso senza speranza, in quanto chi la sposa sembra non essere in grado di vivere altrimenti.

Anche da questo, come da altri libri di Thompson, è stato tratto un film con Johnny Depp, nel 2008.

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