A cura di Zar@
Dicono che scrivere è mettersi in viaggio verso la guarigione. Sono abbastanza d’accordo. La malattia è la cosa meglio distribuita al mondo, ognuno di noi ha ferite aperte e cicatrici a ricordare quelle chiuse.
Alcune cicatrici si reinfettano, quando meno te lo aspetti. Hai appena abbassato la guardia ed ecco che la sorte ti dimostra che hai fatto molto male.
Per esempio spesso mi illudo di avere degli amici, persone su cui contare, che mi vogliono bene e che si preoccupano per me. Anche quando mi arrivano segnali contrastanti, trovo un appiglio per assolverli e pensare ancora di essere amata. È questa la mia malattia.
Quando una persona si dimostra scostante e indifferente una volta, due e tre, significa che devi cancellarla dalla lista immaginaria delle tue amicizie. Non ci sono santi.
Non so se a voi capita di voler vedere ciò che non c’è. A me capita: vedo amici da tutte le parti e al momento del bisogno mi ritrovo immancabilmente sola.
Li chiamano narcisi, persone con un ego senza confini, che anche quando sembrano apprezzare gli altri, in realtà stanno pensando a come usarli. Persone incapaci di restare accanto ad altre, per cui l’amico buono è quello ultimo e nessuno è più buono di loro stessi.
Persone alla continua ricerca del nuovo perché non hanno niente da dare e tutto da prendere.
Quando incontrano un vero amico ne riconoscono la qualità intrinseca, ma dopo un po’ ripartono perché non sanno restare. Si annoiano. Sapessero quanto sono noiosi loro!
Vi racconterò di quando mi ritrovai ad affrontare una brutta malattia e tutti fecero il vuoto intorno a me. Che novità, si dirà. Eppure non me lo aspettavo, non da tutti, ero assolutamente certa che qualcuno tenesse realmente a me e che mi sarebbe stato vicino nel momento del bisogno.
Le certezze sono la vera illusione. L’illusione è la vera malattia.
Scriverò dunque di quei giorni e delle ferite incurabili, del male senza riposo, della rinascita attesa e sfinita.
Spero sia di aiuto per qualcuno o di consolazione.
